Sappiamo che l’emergenza covid ha violentemente modificato le abitudini quotidiane di tutti noi, ma forse non ci soffermiamo abbastanza a considerare quanto l’infanzia, le famiglie, i servizi educativi e scolastici in ambito cittadino stiano soffrendo per gli effetti di una pandemia che, richiedendo legittime e decisive precauzioni, impone forti vincoli comportamentali influenti in modo drastico sulla sfera dei diritti di ciascuno: il gioco, la relazione con i pari, la relazione con l’educatore, con l’adulto, la partecipazione delle famiglie alla vita scolastica, il rapporto con gli ambienti di apprendimento e tanto altro ancora…
L’emergenza covid, esattamente come in altri settori (vedi sanità) ha portato alla luce problematiche precedenti per superare le quali occorre una strategia di lunga durata, che va dalle caratteristiche degli ambienti scolastici (ambiente=spazi+tempi+relazioni) alla formazione psicopedagogica del personale. Ma questo tema non sembra essere oggetto del dibattito politico cittadino o dei programmi elettorali delle forze politiche in campo che destinano ai servizi alla persona ed all’infanzia in particolare, uno spazio residuale dei loro interessi di amministrazione e di programmi.
Il “confinamento” degli alunni nelle classi, in regime di distanziamento e protezione, avrebbe dovuto indurre ad un’assunzione di responsabilità dell’ente locale almeno per garantire il godimento di ulteriori spazi scolastici, interni e esterni, anche della città, al fine diminuire la concentrazione di alunni in ogni aula per consentire un’organizzazione didattica che, nel rispetto delle “bolle sanitarie”, dovrebbe alleggerire la densità di presenze nell’aula stessa.
Altre ancora dovrebbero essere le attenzioni del sindaco per facilitare la vita dei giovani studenti all’epoca del covid: preoccuparsi dell’areazione meccanica dei locali dotando tutte le aule delle scuole cittadine di specifici e moderni impianti; assicurare la disponibilità di testing per il tracciamento con tamponi veloci e rapidi da far fare direttamente e gratuitamente nelle scuole; potenziare le reti wifi degli ambienti scolastici per facilitare ogni istanza e necessità di didattica a distanza o di didattica integrata; assicurare un’organizzazione adeguata di trasporti scolastici per impedire il possibile affollamento; favorire (senza oneri per le famiglie e l’amministrazione scolastica) la fruizione da parte degli alunni di spazi pubblici a forte valenza formativa come musei, teatri, biblioteche, pinacoteca, fototeca, ecc; curare con regolarità gli spazi esterni delle scuole attrezzandoli adeguatamente per poter attuare attività formativa all’aperto (educazione scientifica, educazione alla lettura, attività motorie e sportive, esperienze di botanica, ecc…) A quest’ultimo proposito i genitori segnalano invece che in alcune scuole cittadine l’uso dello spazio esterno venga proibito per questioni legate alla sicurezza a causa di manutenzioni ordinarie e straordinarie non realizzate (tombini pericolosi non a raso terreno, radici degli alberi sporgenti, prato non curato, ecc) o per mancanza di attrezzatura adeguata alla vita scolastica in ambiente esterno.
E’ vero quindi che occorrono linee “guida generali” dei ministeri o dell’Usr valide per tutti, chiare ed assennate capaci di tutelare la scuola, gli studenti e chi vi opera a diverso titolo e funzione, ma è poi necessaria responsabilità ed autonomia e capacità di analisi critica della realtà territoriale per applicare assennatamente tali linee guida ed adattarle a realtà, scolastiche e territoriali che possono essere anche assai diverse tra loro. Autonomia e responsabilità innanzi tutto quindi dell’amministrazione locale e dei dirigenti scolastici.
L’urgenza covid dall’inizio del 2020 si è riflessa inoltre nella questione della contrapposizione tra dad e presenza. I problema di fondo di questa fase storica dell’evoluzione dei sistemi di istruzione e della loro operatività, sta nei significati e nel ruolo delle Information Comumnication Technology (Ict) nella comunicazione formativa e nella relazione educativa, nella rielaborazione della conoscenza e del sapere in quel complesso rapporto inter soggettivo che costituisce il nucleo dei processi di apprendimento, e nella disponibilità totale individuale e singola dei devices (smartphone). Alle spalle di tale questione generale stanno esperienze, tecniche, strumentazioni dell’e-learning sviluppate in molte realtà internazionali, ma nel nostro paese lasciate a volte a dimensioni spesso di grande qualità innovativa, ma di diffusione limitata. Così, stretti dalla urgenza abbiamo pensato che l’uso di tali tecnologie e strumenti nella scuola fosse riducibile ad una semplice trasposizione delle modalità e delle tecniche didattiche tradizionali su uno “strumento” nuovo. Una sorta di “elettrificazione” del modo tradizionale di fare lezione.
Pure va detto e ribadito che tanti docenti e personale della scuola, con esempi significativi nella nostra Regione, esattamente come rilevato per il personale sanitario, si sono cimentati con generosità e disponibilità ad esplorare modalità innovative prima ignorate, a coglierne occasioni e significati di cambiamento anche rispetto alla elaborazione tradizionale del nucleo essenziale della relazione educativa “di vicinanza”. Tali esperienze generose, capaci di esplorare ed inventare innovazione vanno valorizzate ed incrementate nell’interesse di tutti gli alunni della nostra città e della loro formazione.
Perciò il sindaco (e l’assessore alle politiche scolastiche) dovrebbe realizzare nella città “Patti educativi territoriali” fra scuole, enti, associazioni, amministrazione locale, per esplorare e realizzare almeno cinque direzioni per le quali esistono responsabilità e potenzialità autonome nelle politiche scolastiche: la disponibilità di strumentazione per le scuole e gli alunni, in particolare minicomputer che consentano un esercizio di “padronanza” su strumenti e tecniche sia di produzione che di scambio (superando il rischio della “dipendenza individuale” dallo smartphone); il potenziamento delle reti locali wi-fi, sia delle scuole che delle famiglie; la formazione generalizzata, diffusa e “applicativa” del personale, a partire proprio dalle esperienze concrete e di grande livello delle scuole che hanno sperimentato “sul campo di emergenza”; la facilitazione dell’innovazione metodologica e della sperimentazione rendendo disponibili adeguate piattaforme e strumenti digitali affinché i docenti siano facilitati nel costruire soluzioni di organizzazione della didattica appropriate alle condizioni specifiche della singola scuola e territorio; la promozione, il sostegno ed il coordinamento di reti di scuole della città in un patto territoriale formativo che possa, in questo modo, facilitare la conoscenza e lo scambio delle migliori pratiche nell’interesse e per la garanzia delle pari opportunità formative degli studenti.
Anche e soprattutto per la scuola vale una considerazione difficile e dura da elaborare riguardante le carenze e le mancanze stratificate che l’emergenza ha portato alla luce (sanità, scuola e in generale servizi del welfare prima di tutto), ma sulla quale occorre concentrarsi per disegnare il futuro di Civitanova Marche. Il ritorno alla normalità, se quest’ultima è quella di prima, non è la soluzione: è il problema. Ed anche qui si misurano i programmi dei candidati sindaci per il futuro della nostra città.
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